Con l’inserimento della Generazione Zeta nel mondo del lavoro, stiamo assistendo a un cambiamento profondo nelle aspettative e negli approcci nei diversi contesti professionali.
HumaVerse è una realtà giovane ma siamo nel settore HR e talent acquisition da tanti anni perché facciamo parte di Zest Group, player di rilievo nel panorama europeo degli investimenti dell’accelerazione di startup. Conosciamo ogni giorno tante risorse in cerca di lavoro, di tutte le età diverse, anche le più giovani. Vogliamo avvicinarci in modo profondo alle idee delle persone e ci interroghiamo sui desideri della Generazione Z proprio per capire come i giovani stanno trasformando il mercato del lavoro in Italia.
Condividiamo il nostro pensiero sulla Generazione Zeta nel mondo del lavoro.
Chi è la Generazione Zeta
La Generazione Z comprende i giovani nati tra il 1997 e il 2012. A differenza dei Millennials, che hanno vissuto la transizione digitale, la Zeta è la prima generazione a essere cresciuta completamente immersa nelle tecnologie digitali. Internet, smartphone, social media e intelligenza artificiale fanno parte del loro quotidiano sin dalla nascita.
Oltre all’essere “nativi digitali”, la Generazione Z si distingue per un’altra caratteristica: la necessità di affrontare sfide globali complesse come il cambiamento climatico, le disuguaglianze sociali e le crisi economiche. Questo contesto ha influenzato profondamente il loro modo di vedere il mondo e, di conseguenza, il loro approccio al lavoro.
Lontana dal romanticismo del successo professionale che ha caratterizzato le generazioni precedenti, la Zeta adotta un approccio più pragmatico, spesso disilluso, come riflesso del contesto socioeconomico e culturale in cui è immersa. Mark Fisher, con il suo concetto di realismo capitalista, ci fornisce una chiave di lettura per capire questa disillusione verso il mondo del lavoro.
Il lavoro visto dalle persone giovani
Per la Generazione Z il mondo del lavoro non rappresenta più il fulcro della vita, ma è un mezzo per raggiungere una forma di stabilità economica che consenta di vivere una vita autentica e libera. La frase, ormai virale su TikTok, “Non sogno il lavoro”, riassume questo atteggiamento: il lavoro non è un obiettivo, ma una necessità. In un contesto economico che non garantisce più stabilità e crescita, la Generazione Zeta ha imparato a vedere il lavoro non come fonte di realizzazione personale, ma come una parte della vita da gestire in modo funzionale e flessibile. Abbiamo approfondito questo argomento e citato la frase virale di TikTok “Non sogno il lavoro” su LinkedIn quando abbiamo parlato di Great Gloom.
Se vuoi approfondire puoi leggere il nostro carosello sulla Grande Tristezza di chi lavora.
“Per me ha molto più valore il tempo che dedico alla mia vita finito il lavoro, quando mi circondo delle persone a cui voglio bene e faccio cose che scelgo io di fare.”
Ludovica, 23 anni.
Le parole di Ludovica riflettono il desiderio della Generazione Zeta di non legare la propria identità e autostima al lavoro, ma di cercare la realizzazione personale al di fuori del contesto lavorativo.
Il lavoro diventa uno strumento per realizzare sé stessi e per contribuire a cause più grandi. Per questo motivo le persone che fanno parte di questa generazione vogliono lavorare con aziende che condividono i loro valori e che offrono opportunità di crescita personale, non solo professionale. Questo li porta a preferire ambienti lavorativi che rispettino l’approccio della comunicazione assertiva e con modalità di lavoro flessibile che permetta di bilanciare le passioni e gli interessi con gli impegni lavorativi. Ecco che non vedono il lavoro come un semplice mezzo per guadagnare denaro, ma come uno spazio per esprimere la propria creatività e realizzare progetti significativi.
Questo cambiamento ha spinto molte aziende a rivedere le loro politiche interne. I contratti vengono impostati secondo nuove modalità di lavoro flessibile che portino, tra le altre cose, anche a un maggiore benessere in azienda.
La Generazione Z in Italia
Questa premessa sui giovani è necessaria per far conoscere meglio il mercato del lavoro in Italia. Oggi i giovani affrontano una realtà lavorativa difficile, caratterizzata da precarietà e incertezza economica.
La flessibilità lavorativa è una delle richieste principali della Generazione Z, perché è un modello che valorizza l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Tra le preferenze più alte della Gen Z c’è lo smart working, perché evita i costi e lo stress del pendolarismo.
I giovani italiani chiedono orari più flessibili e una maggiore libertà di organizzare il proprio tempo, concetti che ancora faticano a essere accettati in molti settori tradizionali.
Questo perché il mercato del lavoro italiano ha un approccio conservatore e non sempre accetta la possibilità di lavorare da remoto o di scegliere modalità di lavoro ibride. Fatica ad adattarsi alle nuove esigenze e alle aspettative delle generazioni in cerca di lavoro e per questo rallenta il processo di cambiamento che sta cercando di lasciare la Generazione Zeta nel mondo del lavoro.
La Generazione Z e l’approccio al lavoro: cambiare il mercato con passione
La Generazione Zeta è spinta da un forte desiderio di cambiamento, non solo per sé stessa, ma per l’intero sistema economico e lavorativo. Dietro questa spinta si cela una realtà complessa, esplorata dallo psicoanalista Miguel Benasayag nel suo libro L’epoca delle passioni tristi. Miguel Benasayag sostiene che i giovani di oggi si trovano spesso a confrontarsi con una sensazione di impotenza e disillusione, dovuta alla complessità e alla velocità dei cambiamenti sociali ed economici. Questa condizione porta i giovani a cercare vie di fuga nelle loro passioni, ma non sempre con risultati positivi.
È un sentimento che si riflette anche nell’approccio al lavoro poiché questa nuova generazione che desidera cambiare il mondo, si trova spesso a scontrarsi con un mercato lavorativo rigido e obsoleto. Ricerca quindi un lavoro che non crei gabbie o schemi predefinite ma permetta di esprimere la propria autenticità.
La visione del lavoro della Generazione Zeta è strettamente legata al bisogno di realizzazione personale, una caratteristica che può essere osservata anche nel legame con l’arte e la cultura.
Un esempio interessante arriva dal mondo della musica. Gli artisti emergenti come Sign Crushes Motorist rappresentano il mood della Generazione Z. Il loro stile musicale intimo, introspettivo e spesso cupo riflette la ricerca di significato in un mondo che sembra sempre più alienante. Questi artisti parlano di solitudine, isolamento e ricerca di sé, temi che risuonano profondamente con le sfide emotive e psicologiche della Generazione Z nel mondo del lavoro.
La Generazione Z non trova lavoro: è davvero così?
Molti giovani si sentono esclusi o non adeguatamente valorizzati. Vivono in costante conflitto con le generazioni passate, spesso si sentono non compresi dalla società. Sono giovani di una generazione molto criticata: il problema è la presunta mancanza di esperienza ma anche le “eccessive” richieste di flessibilità e autonomia.
Le critiche si scontrano con una realtà diversa. La Generazione Z, infatti, ha delle competenze digitali avanzate, è abituata alla gestione del conflitto in un contesto lavorativo, ha una mentalità orientata all’innovazione e una visione inclusiva del lavoro.
Eppure molti datori di lavoro sembrano ancora legati a modelli antiquati che non riescono a coinvolgere e motivare i giovani. Diventa importante chiedersi se il problema riguardi l’incapacità del sistema lavorativo attuale di adattarsi alle nuove esigenze. Le aziende devono imparare ad ascoltare e valorizzare le nuove generazioni, offrendo opportunità di crescita e ambienti lavorativi che rispecchino i loro valori.
Allora la domanda arriva spontanea: la Generazione Z non trova lavoro perché non vuole oppure la responsabilità è delle altre generazioni, di tutti noi che non sappiamo ascoltare davvero questi giovani?